Clausole sociali nei cambi di appalto sotto assedio
Le clausole sociali, ossia il mantenimento del posto e dei contratti nei cambi di appalti, sono costantemente minacciate.
In teoria sono ancora previsti nell’articolo 57 del Dlgs 36/2023 (Nuovo codice degli appalti pubblici), la loro applicazione è del resto un requisito per partecipare alla gara anche se il quadro normativo è alquanto confuso e fin troppi sono i margini di autonomia accordati agli appaltatori subentranti.
Nei cambi di appalto è possibile applicare dei contratti sfavorevoli e nel migliore dei casi la retribuzione viene salvaguardata da accordi sindacali che prevedono dei super minimi in busta paga riassorbibili dai futuri rinnovi contrattuali. Se passi da un CCNL ad un altro e precedentemente avevi una paga maggiore, in caso di accordo sindacale, potrai conservare il vantaggio economico ma lo perderai nell’arco di alcuni anni. In sostanza la riassorbibilità del superminimo sancisce la riduzione salariale nell’arco di pochi anni. Il tutto avviene perché non esiste alcuna normativa che preveda il divieto di applicare contratti nazionali peggiorativi facendo riferimento ai CCNL solitamente applicati o ad accordi locali di settore.
I bandi di gara devono contenere specifiche clausole sociali ma i diritti salariali e contrattuali restano in subordine ai principi della libera concorrenza sanciti dalle normative UE.
A tal riguardo il Consiglio di Stato si è più volte espresso a tutela della autonomia dell’impresa per indicare l’utilizzo flessibile (o elastico come dir si voglia) della clausola sociale. È sufficiente presentare una offerta tecnica atta a dimostrare di svolgere il medesimo servizio con alcuni miglioramenti, spesso fittizi, per indurre la stazione appaltante a giudicare congrua una offerta economica costruita in realtà sulla riduzione del costo del lavoro.
Per favorire la supremazia degli interessi aziendali sono intervenute anche le Linee Guida Anac nel 2019, che prevedono il riassorbimento del personale solo se compatibile con il fabbisogno richiesto dal nuovo contratto e in base al modello organizzativo e gestionale del nuovo appaltatore. Non c’è che dire: un autentico regalo alle imprese e alla riduzione del costo del lavoro con un richiamo alquanto generico ad applicare il CCNL applicato in prevalenza in quel determinato settore.
Alcuni contratti nazionali prevedono espressamente la clausola sociale, in teoria i posti di lavoro sono salvi ma è proprio il principio della libertà di impresa a sancire in molti casi riduzioni orarie e di paga.
La tendenza diffusa è quella di addolcire, nei contratti nazionali, le clausole sociali addomesticandole e senza mai indicare il contratto nazionale di riferimento, un escamotage finalizzato a favorire l’operato delle imprese e a mero discapito dell’assorbimento di tutto il personale e alle medesime condizioni retributive.
Si mira quindi a porre fine ad ogni obbligo di assorbimento, i pronunciamenti del Consiglio di Stato favoriscono la riscrittura, in fase di rinnovo, di alcuni contratti giudicati troppo favorevoli ai lavoratori e a mero discapito della libertà di impresa e di concorrenza.
E i continui interventi sulla materia degli appalti tendono a liberare le aziende dall’obbligo di riassunzione del personale, spianando la strada all’avvento di una giungla contrattuale dentro la quale il più forte (l’azienda) non lascerà scampo ai diritti dei più deboli (i lavoratori).
a cura della CUB di Pisa